Curare malattie del sangue, coltivare in provetta piccole porzioni di epidermide da usare poi per curare gravi ustioni, ricostruire in laboratorio parti di osso o cartilagine per riparare fratture o malformazioni, curare malattie cerebrali o del midollo spinale, come ictus, traumi vertebrali o sclerosi multipla. Le cellule staminali, di cui tanto oggi si parla, sono ormai una realtà e nello stesso tempo una speranza , tanto che la ricerca, anche quella italiana, sta investendo molto per isolarle, coltivarle e trapiantarle.
Da queste cellule “madri o progenitrici” indifferenziate, cioè non specializzate in compiti particolari, originano tutti i tessuti: possono riprodursi in maniera illimitata, trasformandosi in diversi tipi di cellule (a seconda del tipo di staminale), come quelle del sangue, della pelle, del cuore, della cornea, del fegato, del pancreas, del cervello, dei muscoli e delle ossa.
Le staminali utilizzabili per la ricerca scientifica sono essenzialmente tre: quelle somatiche, reperibili nei tessuti adulti (come la pelle), nel cordone ombelicale e nel midollo osseo, in grado di specializzarsi in alcuni tipi di cellule e impiegate per la cura di oltre 70 malattie,le staminali embrionali, ottenute dall’embrione e capaci di trasformarsi in qualsiasi organo o tessuto, ma il cui uso è oggi vietato in molti paesi per problemi etici, e le staminali pluripotenti indotte (iPS), cellule embrionali, ottenute cioè riprogrammando le cellule adulte, fino a farle tornare indietro a una condizione “infantile”.
L’impiego più consolidato di queste preziose cellule riguarda le malattie del sangue: il trapianto di sangue del cordone ombelicale, ricco di cellule staminali emopoietiche (che danno luogo cioè a cellule del sangue) “etiche”, è in grado di generare, esattamente come il midollo osseo, nuovi globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, una risorsa per la cura di malattie come talassemia, leucemie e immunodeficienze. E’ quindi fondamentale, avvertono gli esperti, non sprecarlo. “E’ possibile donare a una banca pubblica quello del proprio bambino prelevato al momento del parto, oppure conservarlo per uso personale in una banca estera (in Italia la legge non permette la conservazione autologa). – spiega la biologa Irene Martini, direttore scientifico di SmartBank e Presidente di BioCord, l’associazione che riunisce le banche private del cordone ombelicale – “Le possibilità di trovare un donatore compatibile sono pari a 1 su 40mila, mentre se si utilizza il cordone proprio o quello di un consanguineo, la possibilità sale a una su 4. La donazione può salvare una vita, ma non si ha la garanzia di poter disporre successivamente del sangue per un familiare, tranne particolari casi di malattie genetiche già diagnosticate in un fratellino o sorellina. Se una mamma decide di conservare il cordone, deve però informarsi sulle caratteristiche delle banca privata scelta, che deve garantire la qualità della conservazione. Per soddisfare le esigenze di compatibilità della popolazione italiana, si dovrebbero raccogliere almeno 60mila unità di sangue, mentre ad oggi sono state bancate solo 20mila unità (sono invece circa 10 mila i cordoni ombelicali italiani conservati nelle biobanche private estere). In Italia viene conservato solo un terzo dei cordoni ombelicali, mentre il 95% dei nuovi campioni viene buttato”.
Secondo un articolo comparso sulla rivista scientifica ACS Chemical Neuroscience, le staminali del cordone sarebbero però ora ancora più preziose: il team di James Hickman, della University of Central Florida, ha infatti dimostrato per la prima volta come sia possibile trasformare le cellule cordonali anche in cellule nervose, aprendo la strada al loro impiego futuro nei traumi spinali, nella sclerosi multipla e altre malattie del sistema nervoso (finora sono state impiegate solo staminali embrionali) .
Il settore è in continua evoluzione e si sperimentano nuove strade. Le cellule staminali sono al centro della “medicina rigenerativa”, che impiega queste cellule per la rigenerazione o riparazione di un tessuto danneggiato e che potrebbe in futuro sostituire i trapianti, senza problemi di rigetto. Vastissime le applicazioni: dalle ferite che tardano a guarire, come le piaghe da decubito, al trapianto di pelle nelle grandi ustioni, alla riparazione di tendini lesionati o del cuore dopo un infarto, dagli interventi estetici conseguenti a traumi, alla calvizie, dalla cecità, alla cura della paralisi cerebrale o del diabete di tipo I.
Fonte: Tiscali Life Style