L’impiego delle cellule staminali è argomento che interessa un numero crescente di persone. E’ positivo. Il fatto che tale impiego sia, in casi molto particolari ma certo degni di massima attenzione come nel caso dei bambini oggetto delle attenzioni della cronaca mediatica, disciplinato più dalle procure che dai medici, genera invece un pericoloso disorientamento.
Ad intervenire con la chiarezza consueta è il Prof Veronesi, che sul sito web del Corriere della Sera spiega che “il termine ‘cura compassionevole’ ha un significato preciso: si riferisce alle terapie la cui sperimentazione non è ancora terminata, e che quindi non sono validate scientificamente secondo i criteri internazionali, ma che la legge permette ugualmente di somministrare, in determinati casi, in assenza di altre cure possibili.
La vicenda di Sofia e degli altri bambini nella sua condizione è complessa, ci troviamo di fronte a un problema che ha un volto medico-scientifico e uno umano: da un lato dobbiamo difendere la scienza e proteggere i malati da false illusioni, dall’altro però non si può togliere loro la speranza. Il recente decreto legge cerca – a parere del Prof. Veronesi – di tenere conto di entrambi questi aspetti. Si ritiene che un ospedale non debba dispensare cure sperimentali e complesse sulla base di onde emotive o pressioni esterne, ma seguire terapie approvate in base a metodi e criteri universali.
Così come si dovrebbe prestare attenzione a non commettere l’errore di pensare che le regole della scienza siano fredde e spietate: sono semplicemente regole, studiate per tutelare i malati e garantire la massima trasparenza ed efficacia delle terapie. La medicina e la ricerca sono al servizio dell’uomo.
“Sono in linea con il giudizio del prof. Veronesi – commenta Luana Proli, direttore generale della biobanca InScientiaFides – e mi permetto di aggiungere un altro elemento di riflessione: bisogna assolutamente riaffermare la centralità e anche la responsabilità del medico. Non possono essere le Procure a stabilire cosa deve fare o non deve fare la medicina. E’ il medico a doversi prendere questa responsabilità e lo Stato deve proteggere gli operatori che la esercitano nel pieno della loro coscienza professionale”.
Fonte: Ufficio Stampa InscientiaFides