Un dilemma al quale in alcuni casi, soprattutto se non si è competenti del settore, è difficile risponde.
Prendiamo quindi spunto dal blog del nostro Direttore Generale, Luana Piroli, per darvi alcuni spunti su cui riflettere.
La raccolta delle cellule staminali da cordone al momento della nascita è una procedura attiva in Italia dal 2004 e negli altri Stati dal 1988.
Il 1988 segna il primo utilizzo di queste cellule staminali così importanti,da parte della Dott.ssa Gluckman su una Anemia di Fanconi: è da allora che la loro efficacia è stata non solo comprovata, ma ulteriormente estesa a un numero sempre più ampio di patologie maligne: stiamo parlando di un patrimonio preziosissimo nella lotta contro leucemie, linfomi, talassemie e altre malattie a carico del sistema immunitario il cui elenco va allungandosi continuamente grazie alla ricerca costante che viene fatta su queste cellule.
Ciò che è emerso chiaramente in questi anni di utilizzo è che ritrovare un donatore compatibile è molto difficile e per questo è nata l’opportunità della conservazione privata che garantisce, come una assicurazione biologica, di avere immediatamente disponibile il campione in caso di necessità.
Ma per chi possono essere utilizzate le cellule staminali conservate privatamente?
Le cellule staminali rimangono a disposizione della famiglia sino a 30 anni, sono compatibili al 100% con il bimbo che deve nascere e hanno una elevata compatibilità (si parla del 70%) con altri fratelli consaguinei e con i genitori (si parla del 25/30%).
La conservazione privata è un diritto riconosciuto al cittadino italiano riportato nel Decreto del Ministero della Salute datato 18 novembre 2009 ha delineato le “Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo-dedicato”, ribadendo che la conservazione del sco rappresenta un “interesse primario per il SSN”.
Il Italia si può donare presso le strutture pubbliche attive al riguardo oppure conservare privatamente; in questo caso è necessario affidarsi a strutture private accreditate dagli organismi competente. In entrambi i casi, donazione e conservazione, è importante che le biobanche siano accreditate FACTNetcord ai fini del rilascio.
L’Italia all’interno di questo decreto ha riconosciuto anche il diritto al cittadino la conservazione per uso dedicato al neonato stesso o suo consanguineo con patologia in atto (art.2 comma 2) oppure in caso di famiglie a rischio di avere figli affetti da malattie geneticamente determinate (art.2 comma 3), e in entrambi i casi è richiesto un fondamento scientifico che fa capo a un elenco di patologie periodicamente aggiornato a cura del Centro Nazionale Trapianti.
Questo sancisce ulteriormente l’importanza della conservazione privata e di avere a disposizione le proprie cellule staminali al momento del bisogno.
Donare il sangue cordonale è un gesto nobile con cui regalate alla comunità ed allo Stato le vostre cellule staminali che rimangono a disposizione di coloro che si ammalano negli anni con la speranza che qualcuno trovi un campione compatibile. In questo modo ne perdete la proprietà
In alcuni ospedali dicono che i genitori che donano hanno il 97% – 98% dei casi di ritrovare il proprio campione se dovessero averne bisogno omettendo però che nella maggior parte dei casi dopo 10 anni i campioni vengono buttati; questo accade non perchè la crioconservazione non può essere fatta per più di 10 anni (*c’è una pubblicazione scientifica che dichiara che i campioni sopravvivono tranquillamente sino a 30 anni) ma perchè devono “fare spazio”.
A voi quindi l’analisi dei pro e dei contro.
Se il contro rispetto alla conservazione privata appare il costo, beh non pensiate che la donazione non costi nulla.
Uno dei leit-motief più ricorrenti in italia, specialmente nell’argomentazione a favore della donazione pubblica, è che donare “non costa niente”.
Possiamo ritenere poche affermazioni più errate e fuorvianti di questa: la donazione costa, eccome!
Certamente, chi dona non ha alcun esborso all’atto della nascita, ma lo ha costantemente: tutti paghiamo e sosteniamo questo sistema, con le tasse che vanno anche a sostegno del SSN: nel territorio italiano vi sono 19 banche di sangue del cordone ombelicale esistenti, sono tutte pubbliche, ed è evidente dalla natura stessa dell’atto che ha consentito la nascita delle banche SCO (Accordo della Conferenza Stato-Regioni) come ciascuna singola Regione abbia potuto gestire fondi per la creazione di una propria banca.
Nell’accordo stato regioni del 29 ottobre 2009 si fa riferimento all’Accordo del 24 luglio 2003 fra il Ministero della Salute e le Regioni per quel che riguarda l’ “Aggiornamento del prezzo unitario di cessione del sangue e degli emoderivati tra servizi sanitari pubblici.
Quello che è possibile fare, dunque, è una stima. Ciascuna unità di SCO ha un valore: dal “Tariffario per le prestazioni per la ricerca e reperimento di cellule staminali ematopoietiche da non consanguineo” [decorr. marzo 2014].
Secondo tale documento, il costo totale dell’invio dell’unità di CSE da sangue cordonale è pari a 17.475,35 Euro, di cui 475,35 Euro sono il “costo per l’estrazione del DNA e la tipizzazione (HLA-A, B e DRB1* LR) di conferma sia della precedente tipizzazione che dell’identità dell’unità SCO”, e 17.000 Euro per il “rilascio dell’unità e i costi connessi (controlli di qualità esclusa la tipizzazione HLA, costo del personale sanitario addetto alla manipolazione delle CSE, eventuali campioni materni, materiale d’uso, ecc.)”.
Ad ogni modo, giova ricordare che dall’inizio dell’attività delle banche sul territorio italiano (1993) a tutto il 2013 sono state rilasciate in tutto 1.283 unità, per un ammontare complessivo di circa 22.000.000 di Euro che sono andati a sostentamento delle banche. Distribuiti in maniera non uniforme nell’arco di vent’anni.
DONARE O CONSERVARE? ciò che conta è non buttare il campione al momento della nascita.
Affidatevi a strutture accreditate FACTNETCORD e garantite alla vostra famiglia il primo gesto d’amore.