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I fatti in breve: la biobanca InScientiaFides viene contattata dalla RAI (la trasmissione E se Domani) per realizzare un servizio che informi i genitori sulla conservazione delle cellule staminali cordonali. Interessati in particolare ai Family Day, i responsabili della trasmissione chiedono disponibilità e collaborazione. Accordata con entusiasmo. Il risultato è un servizio denigratorio, costruito sul pregiudizio che conservare sia inutile e, fatto grave, tutto il materiale girato presso InScientiaFides viene ad arte utilizzato per avvalorare questa tesi. Gravi le omissioni, grave il pregiudizio, gravissima la cattiva informazione fatta.

Qui di seguito il commento di Luana Piroli, Direttore Generale della Biobanca InScientiaFides che si dedica alla ricerca ed alla raccolta delle cellule staminali contenute nel sangue cordonale.
Lavora da più di 15 anni nel mondo sanitario e a contatto con i pazienti. La professionalità, la competenza e l’educazione sanitaria sono per lei parametri fondamentali.
Dott.ssa Piroli, perché è così amareggiata?
Sono proprio arrabbiata, non amareggiata. InScientiaFides si è sviluppata attorno a questo lavoro, tanti sacrifici sono stati compiuti per poter offrire a tutti coloro che si rivolgono a noi ogni garanzia utile a rendere eccellente il nostro servizio.
Il tema della conservazione delle cellule staminali cordonali è un tema ancora oggi conosciuto da pochi, pur essendo riconosciuto importante dal Ministero della Salute e, per questo, abbiamo deciso di finanziare una campagna di educazione sanitaria volta a portare cultura ed a sensibilizzare le persone a raccogliere questo patrimonio prezioso, abbattendo il 95% dei campioni che vengono buttati ogni anno!
Abbiamo realizzato un Libro ed un cartone animato dove, in parole semplici, raccontiamo il mondo delle cellule staminali, il loro utilizzo e le possibilità di raccolta con massima trasparenza, proprio come deve essere un piano di educazione sanitaria. Ogni mese ospitiamo i genitori nei Family Day e offriamo loro momenti educativi. Il nostro impegno è massimo e l’attenzione altissima.
Siamo privati, certo, ma mi consenta di dire che in proporzione e le nostre risorse facciamo molto più del pubblico per dire alle coppie che le staminali cordonali non devono finire nel cestino dei rifiuti.

E poi?
Un bel giorno arriva RAI3 che ci chiede di poter partecipare ad un incontro dedicato all’educazione sanitaria sul tema delle cellule staminali cordonali decantando le nostre iniziative e complimentandosi con noi, ed io ho accettato con entusiasmo pensando che volessero collaborare al nostro principio di divulgazione vera ed invece… ecco che hanno composto un bel taglia e cuci basato su pregiudizi e omettendo verità concrete. Risultato: anziché portare informazione, hanno creato confusione, come troppo spesso oramai accade nel mondo giornalistico.

Vuol dire che cosa la trasmissione ha omesso di dire?
Le cellule staminali contenute nel cordone ombelicale servono per trattare molte patologie legate al sangue, per alcune di esse è necessario un trapianto derivato dalla donazione e per altre un trapianto da fonte personale.
il trapianto autologo è in generale un trattamento efficace nei linfomi, mielomi e nel neuroblastoma ad alto rischio; in queste circostanze può rappresentare anche la prima scelta terapeutica.
E’ ovvio che va precisato che il mieloma è malattia degli adulti , il linfoma comunque raro nei bambini e negli adolescenti ed il neuroblastoma invece è malattia prevalentemente pediatrica.
Riguardo alle leucemie acute, il trapianto autologo può essere un’alternativa al trapianto allogenico (da donazione) ove manchi il donatore o qualora si ritenga il trapianto allogenico un trattamento troppo tossico. Nessuno parla mai del fatto che dopo il trapianto allogenico possono verificarsi effetti collaterali quali la malattia da trapianto contro l’ospite acuta e cronica (rigetto), infezioni e comunque la necessità di utilizzare trattamenti antinfettivi ed immunosoppressivi per lungo tempo e la mortalità della procedura in sé oscilla tra il 10 ed 15 % dei casi e la qualità di vita dei primi anni dopo il trapianto e’ pessima. In un bambino con leucemia il trapianto con cordone autologo appare non praticabile qualora la leucemia insorga precocemente (in pratica nei primi 2/3 anni di vita).
Tuttavia in un bambino più grande e nell’adolescente (per esempio dai 4 ai 16 anni) il cordone autologo potrebbe essere trapiantato come opzione terapeutica alternativa all’allogenico o per un ulteriore consolidamento dei risultati ottenuti con la chemioterapia (esempio leucemia mieloide acuta).
Ci sono poi altri potenziali ambiti di applicazione più sperimentali come la sclerosi multipla, il diabete giovanile, altre forme autoimmuni e anche meno sperimentalmente nell’aplasia midollare acquisita.
Riguardo alle dosi, all’interno della trasmissione si fa grande confusione; il miliardo e più si riferisce alle TNC (nucleate totali) non alle staminali. Infine, la scambiabilità dei cordoni e l’ottenimento di una sorgente trapiantabile dipende dal centro trapianti oltre che dal network. In tal caso, per il centro trapianti fa differenza la qualità (in altri termini le certificazioni FACT o il JACIE ) e la modalità con cui il donatore di cordone è stato arruolato ove lo stesso dovesse essere utilizzato in ambito familiare. Nella trasmissione si sono dimenticati di dire che noi siamo accreditati FACT.
Quindi è stato omesso completamente di informare in modo compiuto?
Certo. Avere a disposizione un cordone autologo o autologo familiare può sicuramente rappresentare un’opportunità in più ed entrare nelle opzioni terapeutiche, che altrimenti dovrebbero prescindere da questa possibilità, almeno nell’immediato.
Il fatto che se ne usino pochi è perché, mi sembra puerile doverlo ricordare, parliamo di malattie rare e stiamo valutando un inventario di cellule staminali su una popolazione sana che avrà una bassissima probabilità di ammalarsi. Molte forme di assicurazione (vedi anche quelle sulla vita) si stipulano ritenendo assai improbabile il loro utilizzo; e come le assicurazioni il costo non grava sulla comunità ma sul singolo.
Altro aspetto non trascurabile è l’aspetto evidente nella trasmissione che fa apparire la conservazione privata e pubblica siano antagoniste; questo sussiste solo perché in Italia nessuno ha voluto trovare un’integrazione efficace pensando solo ai propri interessi personali.
La medicina è una scienza ma la storia di ogni paziente ha le sue tipicità e non tutto è prevedibile con un algoritmo decisionale.
Ribadisco, con tutti i limiti esposti, il trapianto autologo rappresenta un’opzione in più. Questo non significa la certezza della cura ma semplicemente un opzione in più, e chi ogni giorno ha a che fare con pazienti così difficili e fragili sa che significa. Non lo sanno certo il giornalista o il legale che lo assiste. Abbiamo protestato ufficialmente e le loro risposte sono frettolose e infarcite da un preciso orientamento ideologico.
La sua posizione rispetto a questo tema qual è?
Sia la donazione che la conservazione privata sono importanti. Fondamentale è che entrambi i sistemi funzionino e siano realmente operativi. Oltre a corrispondere alle linee guida internazionale e normative vigenti.
Fonte: Ufficio Stampa InScientiaFides

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