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Le cellule staminali autologhe ematopoietiche trapiantate in pazienti con sclerosi multipla ne hanno provocato un significativo miglioramento. I risultati arrivano dalla tecnica di immunosoppressione e trapianto di cellule staminali applicata dal 2009 a oggi su 11 persone colpite da forme aggressive di SM e sperimentato già dal 1996 al 2008 su 74 pazienti in Italia affetti da forme aggressive di SM, ottenendo una stabilizzazione, se non un miglioramento della disabilità, nel 66% dei casi. I dati dello studio sono stati divulgati da Gianluigi Mancardi, direttore del dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Genova, nel corso del Congresso Nazionale della Società Italiana di Neurologia in svolgimento a Milano. Chi può beneficiare meglio della tecnica sono giovani, con una storia di malattia di breve durata e un’importante componente infiammatoria. “Esistono forme aggressive e rapidamente evolutive – spiega Mancardi, secondo le dichiarazioni riportate dall’Agenzia AGI- che non rispondono alle terapie approvate e conducono precocemente i pazienti a livelli avanzati di disabilità. Lo sforzo della comunità scientifica è pertanto volto alla ricerca di strumenti più efficaci per controllare la malattia, anche nelle forme cosiddette ‘maligne. L’idea del trapianto si fonda sul razionale di effettuare una forte immunosoppressione per distruggere le cellule autoreattive responsabili del danno al SNC, seguita dalla reinfusione delle cellule staminali autologhe per ricostituire un sistema immunitario modulato che possa così tenere sotto controllo l’autoimmunità. Occorre però sottolineare che il trapianto non è una procedura scevra da rischi – ha precisato Mancardi – in particolare rischi infettivi nella fase che segue l’intensa immunosoppressione e con una mortalità, in questo gruppo di pazienti, pari al 2,7 per cento”.
“Anche per questa ricerca – commenta Luana Piroli, direttore della biobanca InScientiaFides – vorrei porre l’accento sul fatto che si parla di cellule staminali autologhe (donatore e ricevente sono la stessa persona) ematopoietiche che a fini terapeutici sono utilizzate solo quelle derivanti dal sangue del cordone ombelicale e dal midollo osseo. Non ci stancheremo dunque di proseguire nella divulgazione e nell’educazione sanitaria su questi argomenti per aumentare la consapevolezza nelle persone di quanto sia importante la ricerca nel settore e quanto sia altrettanto determinante che le cellule staminali vengano donate o conservate”.Fonte: Ufficio Stampa InScientiaFides

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